oggi nuovi «studi sullo studio» possono aiutare a diventare più efficienti e gestire meglio il tempo. Un compendio di accorgimenti salvastudente è quello raccolto nel saggio Studiare è un gioco da ragazzi (ed. Gribaudo, pp. 288, aura 16,90) da Matteo Salvo, primo italiano a conseguire il titolo di International Master of Memory ai campionati mondiali di memoria 2013 e allenatore di Andrea Latorre, il dodicenne che ha vinto la sfida tv Superbrain l’anno scorso.
Il primo consiglio può sorprendere chi è prigioniero di una visione antiquata dello studio ma, a pensarci bene, ha perfettamente senso: «Prima di buttarsi nella lettura, è bene capire la struttura di un capitolo: leggere i titoli dei paragrafi e, ancora meglio, leggere (nei testi che lo offrono) il riassunto dei punti salienti alla fine del capitolo» spiega Matteo Salvo. «In questo modo il cervello si prepara a organizzare e strutturare le informazioni che assorbiremo leggendo il capitolo dall’inizio alla fine. E la memoria se né gioverà. Chi inizia a studiare dalla prima pagina, senza guardare altro, fa come chi parte senza avere idea di dove stia andando».
Lo studio è questione di tempo: «Per il massimo dell’efficienza bisogna suddividere lo studio in periodi di 40-45 minuti con pause di 10-15 minuti. Studiare per ore incollati alla sedia, quasi per autopunirsi, non è fruttuoso. Le pause permettono di consolidare nella memoria quanto si è appreso. È come nello sport, dove il recupero fa parte dell’allenamento, non è un’attività separata» spiega Salvo. «Però le pause devono essere veri momenti di relax del cervello: meglio uscire per una piccola passeggiata o fare 15 minuti di ginnastica che andare su Facebook o accendere la televisione». Molto utile anche porsi, come obiettivo, il dover insegnare a qualcuno quello che si è imparato: «Solo quando studio perché devo spiegare un argomento a un genitore o a un amico che non ne sa nulla, imparerò in maniera piena e duratura, arrivando a padroneggiare la materia» osserva Salvo. «Se il genitore chiede allo studente: “Quando hai finito di studiare questa cosa, me la puoi spiegare? Io ormai l’ho dimenticata” il ragazzo durante lo studio tenderà a isolare automaticamente le cose più importanti, ossia a strutturare in maniera intelligente quanto legge, perché sa che saranno le prime cose da spiegare al suo “alunno”».
Per un motivo analogo, durante le lezioni, conviene prendere appunti a mano . «Chi prende appunti, invece, non può scrivere ogni parola ed è costretto a elaborare, sia pure in modo approssimativo, ciò che ascolta per decidere cosa mettere su carta».
E una volta che tutto l’importante è stato scritto? La scienza ci suggerisce come far fruttare il lavoro a casa: «Invece di leggere e rileggere un testo più volte si possono adottare sistemi che ci fanno fare un miglior uso del cervello. Ad esempio, in fondo ai capitoli dei libri scolastici, spesso ci sono domande sul testo letto. In genere studenti e insegnanti le snobbano, invece sono utilissime, perché per rispondere si devono recuperare elementi dalla memoria, e facendo così il ricordo della lezione si consolida»
E dopo lo studio? A letto, per poter memorizzare a lungo. Lo conferma il neurobiologo Wenbiao Gan, della, New York University School of Medicine, autore di uno studio uscito su Science a giugno. «II sonno è fondamentale per lo sviluppo di nuove connessioni neuronali dopo lo studio» sottolinea Gan. «Gli esperimenti indicano che queste si formano entro dodici ore dallo studio, ma si consolidano solo durante il sonno: mentre dormiamo íl cervello riattiva i sentieri neuronali che corrispondono alle cose imparate di recente. È questa riattivazione che modifica le sinapsi e stabilizza la memoria». Come mettere a frutto questa scoperta la notte prima degli esami? «II suggerimento è che è meglio studiare parzialmente e però dormire almeno cinque o sei ore che studiare tutto passando la notte in bianco».
Da un articolo sul “Venerdì” di Repubblica.